IL DIALETTO DI MARIA ANTONIA MASO
Còntame nona (Biblioteca dei Leoni) di Maria Antonia Maso si sviluppa quasi come un diario nella rassegna dei dati autobiografici, è una sorta di quaderno degli appunti, delle notazioni maggiori e marginali, degli umori e dei malumori, dei frammenti di ricordo, degli stati rimossi e delle sensazioni. Un album della personale condizione, “privata” eppure dalle valenze universali, che ricompone nella sua analisi il senso di una vita dai suoi momenti e dalle sue figure del passato fino alle occasioni e circostanze dell’oggi. Di poesia in poesia, continuamente esercita interferenza l’occhio vigile di un testimone del nostro tempo, attento a cogliere e a registrare anche le vibrazioni di una vicenda comune e generale. È una poesia, quella di Còntame nona, in cui si incontrano passionalità e intelligenza, partecipazione e ironia, ed è scritta in una lingua immaginosa e felicemente “particolare”, ricostruita dal presente e dal suo modo di reincarnare i neologismi dentro il corpo del dialetto reinterpretato con una pronuncia personale, una lingua che è in grado di raccontare e di rappresentare coinvolgendo immediatamente il lettore. L’autrice ha appena ricevuto il Premio Istrana, con la motivazione: “Con arguzia disincantata e con ironia che non attenuano affatto la satira ma come addomesticandola, Maria Antonia Maso disegna a metà tra il bozzetto di costume e la sceneggiata filosofica un elogio purtroppo limitativo della vecchiaia, con i suoi problemi soprattutto di salute, acciacchi, malanni, deterioramento inevitabile del proprio stato di salute e necessità di conviverci. E si segnala in particolare la scrittura per il suo modo originale di mescolare il dialetto veneto con l’italiano”.