UNGARETTI E LA NUOVA POESIA
In agguato / in queste budella / di macerie / ore e ore / ho strascicato / la mia carcassa / usata dal fango / come una suola / o come un seme / di spinalba // Ungaretti / uomo di pena / ti basta un’illusione / per farti coraggio // Un riflettore / di là / mette un mare / nella nebbia (Valloncello dell’Albero Isolato il 16 Agosto 1916). Sin dalle prime composizioni del Porto sepolto, nate – come “Pellegrinaggio” – nel fango delle trincee, si rivela la natura rivoluzionaria della nuova poesia di Giuseppe Ungaretti: ecco i “versicoli” privi di rime, gli spazi bianchi, l’assenza di punteggiatura, l’aderenza delle immagini alle sensazioni, ispirata agli haiku giapponesi, alla poesia “pura” di Mallarmé e a quella “cubista” di Apollinaire. Il pellegrinaggio attraverso il mistero e il dolore dell’esistenza trova nell’illusione il coraggio della fede e della speranza. Ma nel fulmineo procedere dall’immersione nel paesaggio alla ‘presa diretta’ di sé e al ‘dolce naufragare’ della chiusa si avverte quella fedeltà agli amatissimi Petrarca e Leopardi che attraverso successive fasi del suo lungo percorso poetico porterà Ungaretti fino ad accensioni barocche.