LA LIMPIDEZZA LIRICA DI GIULIO DI FONZO

LA LIMPIDEZZA LIRICA DI GIULIO DI FONZO

Se da tempo la poesia contemporanea tende perlopiù verso la prosa o verso rigidi metricismi, la poesia di Giulio Di Fonzo, Poesie 1992-2018   (Edizioni Croce), elegge a sua cifra espressiva dominante un endecasillabo liberamente alternato a versi più brevi, arricchito di rime e frequenti assonanze e allitterazioni.  Accanto a questa misura e cura formale, quello che colpisce di queste liriche è l’estrema limpidezza delle immagini, nitide messe a fuoco dei dati sensoriali. Una poesia innamorata della luce e dai colori più accesi, attratta spesso dal gioco di luci e ombre colte nel paesaggio del mare o delle foglie: “Il mare brillava in brine e argenti/ miriadi di guizzi e lamine lucenti/ come un cielo fiorito in mille specchi” dove è da notare il tessuto fonico sostenuto dal ritorno della luminosissima sillaba ri e delle i toniche. A esse si affiancano delicate e intense poesie d’amore, come questo suggestivo notturno che si chiude con un’improvvisa alba di luna: “Se in alto rifavillano le stelle/ e la luna per me diffonde albore/ io fermo nel turchino la certezza che all’indomani rivedrò il mio amore/ e così limpido sarà il mattino/ che al primo sole rivedrò la luna”.  V’è in altre una meditazione assorta sulla vita e sulla morte, sulle ombre che assediano e murano il destino dell’io, che cerca tuttavia  una liberazione verso l’aperto , l’alto, l’infinito. Come sottolinea bene Mosena nella sua postfazione al volume, vi è “un perenne dialogo tra dentro e fuori, tra ciò che è in alto (sotto forma di stelle, luci e sole) e ciò che è in basso (cenere, sabbia, tenebra, grigia rena), tra il prezioso e  continuo lucore delle cose (alberi, fiori, onde), tra l’alito divino che informa di sé la natura e l’ombra scura, il murato destino che opprime l’uomo, il tempo e la storia”. Nella seconda sezione, Il vuoto e la pietà, mondo naturale e mondo umano si intrecciano ancor più fortemente in risentite, a volte violente immagini drammatiche.  Ma spesso la solitudine o l’amarezza dell’amore contrastato si sublimano in una distesa, pacata visione: si veda questa “Invocazione”, dov’è da notare il procedere del tempo dal “ mattino felice ” al “mezzogiorno assolato”, alla notte “delle stelle/ infinite”, percorso liberatorio demandato a un tu amoroso che ha valenze quasi magiche: “Vivi con me il mattino felice/  la luce fulgida il vento leggero/ e questo verde rotondo maturante/ mondo, ferma il sole che si incrina/ giorno per giorno./ Sciogli l’ansia che sale/ in alte trecce d’angoscia/ tra i rampicanti scarlatti …/ Nulla, nulla di rapido o lento/ solo il sostare dell’ora / nel mezzogiorno assolato,/ che tu afferri per portarlo lontano/ nella luce ignota delle stelle infinite”.  Altro motivo dell’intero libro è infatti quello del tempo, perlopiù ciclico nella prima sezione (il ritorno della primavera, la “rinascita” della figura amata) e tempo sospeso o abolito nella seconda, in cui si insegue il prodigio del tempo che non muore”, la     “ luce chiara delle cose infinite ”. Una ricerca di assoluto demandata a figure amorose portatrici di epifanie sovrasensibili.  La luce ora diventa immagine della felicità, dell’eros, della solidarietà umana. C’è in quest’ultima sezione una riflessione sui mali della Storia, una pervasiva sensibilità civile: i terribilmente attuali e pungenti flash sulle “ strade deserte della carità ”, sulla  “ miseria  dei fuggiaschi “ e sul “ mare nero del disastro “ (ecologico), che l’autore intreccia ai temi più soggettivi. Si può notare come in questa raccolta ci sia un mutarsi dell’immagine della natura – prima figura liberatoria, perenne fascino di fiori e onde, poi devastata dallo sviluppo tecnologico. Permane tuttavia un orizzonte di salvezza, un germe vitale colto anche nelle più umili parvenze della natura, per esempio: “ erbe, erbe di luce, specchi/ della tenace vita/ che non vuol perire”. Questo orizzonte si ravvisa ancora meglio in una incisiva e allitterante quartina della prima sezione, dove questo tema della sottile percezione del paesaggio terrestre emerge con maggiore forza: “ Arde una stella limpida sul mare,/ molle si frange al lido la marea/ e lattescente e rosea lenta lambisce/ le fioche  orme del mio vano andare”.  Per concludere, quella di Di Fonzo è una poesia intensa e avvincente, ricca di temi profondi, moderna nella linea quasi pittorica delle sue figurazioni: “ Alzati e vestiti di luce! / Camminerò con te per vie fiorite./ L’intero mondo ho perduto/ ma questa luce che vorrei donarti / regni celeste sulla tua eterna estate”.

Salvatore Asaro

Poesia

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