UN POEMETTO DI CLAUDIA MANUELA TURCO
Neraneve e i sette cani (Italic) è il significativo titolo di un lungo poemetto di Brina Maurer, nom de plume di Claudia Manuela Turco, una sorta di diario in versi che, con tocchi intensi dall’accento fiabesco, ci racconta la storia della sua vita dalla nascita alla maturità. Un itinerario non facile, filtrato dal rapporto stabilito, nel corso del tempo, con gli amatissimi cani, specchio delle sue stesse fragilità e devoti compagni di ogni suo passo, incertezza o arresto. Il lettore resterà colpito per l’amore estremo mostrato verso queste creature, unico rifugio d’amore dell’autrice. Se ne comprende pienamente il senso dopo un’attenta lettura dell’opera in cui emergono, con toni non di rado drammatici, eventi di un percorso esistenziale segnato dalla crudeltà e dalla violenza umane. I versi fluiscono rapidi nel racconto, precisi nei dettagli, sorretti da una metrica libera e varia che privilegia il verso breve, incisivo, giocando con spontanea leggerezza con il suono e il senso delle parole. Il linguaggio si adatta con naturalezza all’impeto della memoria e dei sentimenti ricostruendo con viva fedeltà squarci di vita mai dimenticati. Ogni sfumatura dell’anima è sottolineata, incastonata in un’innocenza di fondo che, anche nelle pieghe più dolorose del ricordo, mantiene uno sguardo limpido, fondamentalmente benevolo nei confronti di un mondo da cui l’autrice si sente rifiutata. Si tratta di una poesia semplice e complessa al contempo, dettata con urgenza da un’anima dolce e ipersensibile, lanciata in un discorso narrativo autobiografico teso ad una verità ancora sfuggente. La raccolta mi ha richiamato alla mente alcune pagine del bel romanzo in versi La camera da letto di Attilio Bertolucci – a suo tempo, valido modello alternativo alla poesia “pura” o “ermetica” del Novecento – soprattutto in quei punti dove l’autore si scontra con le sue incertezze, le sue ansiose esperienze di ragazzo. Due viaggi in versi che, seppure segnati da inevitabili diverse peculiarità, hanno mantenuto intatte paure, ossessioni ed estasi. Neraneve, primo personaggio protagonista del poemetto, necessario transfert dei sentimenti e delle emozioni che l’autrice ha vissuto in passato, si muove investita dalla forza salvifica della parola poetica. Sarà questo personaggio per metà fiabesco e per metà reale, ma interamente votato all’Arte, a ricondurre gradatamente Claudia Manuela a quell’armonia da sempre anelata e mai trovata. «Solo il profumo della poesia/ in pittura,/ riuscirà a riconciliarla/ con se stessa./ Con il suo corpo». E saranno i cani, teneri simboli di un amore che tutto dà e nulla chiede in cambio, a offrirle il modello dell’amore più puro, capace perfino di spingerla a tentativi di riconciliazione con i demoni del passato: «- Glenn e Neraneve/ insieme si sentivano così fortunati/ da non poter evitare di essere generosi -». Lentamente l’autrice prende coscienza che «Il male fatto/ duole più del ricevuto», «che l’amore è conoscenza/ e presenza:/ se c’è è assoluto/ e rispetta la democrazia delle anime/ e ogni forma di vita». Forte di questa nuova consapevolezza, rifiuta con decisione ogni ipocrisia e conformismo. Con i cani si sente «finalmente libera,/ libera di esprimersi,/ e mai sola». Come afferma Luigi Fontanella nell’Introduzione al libro, al termine della lettura, si ha veramente l’impressione che l’autrice, approdando in questa nuova e ideale dimensione, abbia catarticamente ritrovato e riscattato se stessa. A questa importante silloge ha fatto seguito il recentissimo volume Il Centauro malato – Poesie 1998‑2010 (Robin), che raccoglie la quasi totalità dell’opera poetica dell’autrice, raggruppando selezionate raccolte edite e inedite, spaziando su un più vasto territorio di ispirazione, e che delinea con ancor maggiore precisione l’immagine dell’autrice e del suo percorso poetico. I versi, con il loro accento intenso e vagamente surreale, mantengono la stessa fluida cadenza narrativa di Neraneve e i sette cani anche se l’orizzonte poetico è più ampio e frammentato. Tuttavia il significato profondo di questa poesia, come una nota in quarta di copertina conferma, non muta: «Il percorso delineato dalla poetessa suggella il trionfo della bellezza sul dolore, a fronte di un’intera vita dedicata con passione allo studio e ai cani, i quali, più di ogni altro e fin dai suoi primi passi, hanno saputo instillarle l’amore profondo per la poesia, poiché Nel cuore dei cani/ alberga l’anima di poeti estinti».