LE METAMORFOSI DI GIOVANNI SATO
La scrittura di Giovanni Sato in Le metamorfosi del cuore (Biblioteca dei Leoni) ricalca coraggiosamente le orme dei maggiori poeti erotici della letteratura. Con la medesima esuberanza metaforica e nel rispetto delle più rigorose leggi formali, l’autore confida nell’empatia con il lettore offrendosi alle più ardite immagini “Il mio amore è un vero fuoco / che incendia le onde della mente” e “e fammi conchiglia / del tuo mare profondo”. Il tema è sempre attuale e così lo stile, se è vero che la poesia è metafora e il suo metro è il verso. Giovanni Sato conosce le finezze prosodiche e dosa sapientemente toni e ritmi, affidandosi prevalentemente all’endecasillabo: “Amore che allo scoglio mi trattieni / e sento sulla pietra il tuo ritmare” o “Semina il tuo labbro un canto / nella sera d’un ora che ci tiene, / riprende e poi nell’alto si trattiene”, evocando echi danteschi. Tuttavia il nostro autore non ha necessità di legarsi ad una specifica tradizione, avendole metabolizzate tutte e potendo liberamente lasciar scorrere la penna che da tanta e tale esperienza di lettura, che presumiamo aver fatto con discreta certezza, ricava altrettanta densità nel tratto. Così la versificazione può frammentarsi “Sospendi / nelle sere / il poco del tempo / con il molto del tuo esserci sempre” richiamando la semplicità ed esattezza di Sandro Penna, oppure concludersi in reminiscenze catulliane: “ci bagneremo / di tutti i baci che verranno”. Non a caso abbiamo accostato esempi di classici ai testi di Giovanni Sato. È infatti nello scaffale dei classici che dovrebbe situarsi questo volume, che senza provocazioni e senza deviazioni o sperimentazioni formali si configura come compendio di poesie d’amore, da leggere, dedicare, e dal cui afflato farsi trasportare.