SERGIO CORAZZINI CREPUSCOLARE
In contrasto con la poesia altisonante del Carducci e del D’Annunzio, e sulla scia di un Pascoli minore, i versi di Sergio Corazzini, alimentati dalla poetica del decadentismo francese, vengono definiti “crepuscolari”, dapprima in senso riduttivo; saranno poi rivalutati, rispetto a quelle grandi e ormai canonizzate figure, come portatori di una disposizione nuova nel percorso novecentesco che va fino a Montale o a Pasolini. Caratteri propri dei Crepuscolari sono gli scenari ridottissimi, una tenera malinconia, una naturalezza antiretorica, provinciale e “prosastica”, una versificazione apparentemente facile ma in realtà non meno esatta, una tematica che paradossalmente afferma di non aver nulla da dire e addirittura nega di appartenere a un poeta. Con il respiro affaticato e quasi salmodiante dei versi del giovane e malato Sergio Corazzini, “piccolo fanciullo che piange”, la Desolazione del povero poeta sentimentale, dal Piccolo libro inutile, in Poesie (Bur Rizzoli, a cura di Idolina Landolfi) rappresenta una sorta di manifesto di una poetica che con i suoi ospedali, le sue suorine, i suoi organetti di Barberia, con la mite rassegnazione per una fine quasi invocata, offre un’umile ma impegnata immagine – la sua – non solo di un’anima ma, più universalmente, della condizione umana.