BEVILACQUA UOMO TORMENTATO

BEVILACQUA UOMO TORMENTATO

Scrittore, poeta, regista, giornalista, profondo depresso, uomo raffinato, uomo altezzoso. Sono alcune delle mille sfaccettature di una personalità difficile e complessa com’è stata quella di Alberto Bevilacqua, i cui 79 anni di vita sono trascorsi come sulle montagne russe. Dall’infanzia poverissima al successo del premi Bancarella e Campiello, dall’amore per il cinema a quello tormentato con Romy Schneider, dalla lunghissima lotta con il male oscuro fino alle aule dei tribunali, quando si ritrovò improvvisamente tra i sospettati dei delitti del Mostro di Firenze. È finita il 9 settembre 2013 l’avventura terrena del più famoso scrittore di Parma (onore che si contendeva con Attilio Bertolucci). Una morte sopraggiunta tra carte bollate, magistratura e polemiche a suggellare una vita considerata dallo stesso scrittore «difficile da vivere». Del resto, da tempo Bevilacqua si era abbandonato alla solitudine, considerandosi un «orfano» che aveva perduto la sua generazione dopo che i suoi «veri compagni di strada che avevano venti o trent’anni più di me, da Paolo Volponi a Sciascia, a Goffredo Parise, a Beppe Fenoglio, sono scomparsi». La prima vittima di questo stato d’animo fu la scrittura che nell’ultimo decennio, come se la vena poetica si fosse inaridita, ritornava ossessivamente ai temi noti della sua narrativa: Parma e la giovinezza travagliata, l’esilio e i viaggi, il destino di dolore che accomuna gli uomini, l’indifferenza del creato, il poco amore e l’eloquenza dei sentimenti, come si legge nei versi di La camera segreta (Einaudi).

Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Lettera43

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