L’ELEGIA IRONICA DI TIZIANO ROSSI
Un’esperienza che affonda, non solo per istintiva natura ma per scelta volontaristica, le sue radici e le sue ragioni nei processi mentali e razionali del soggetto cogitante, ponendosi come rassegna delle immagini privilegiate del moto e gioco intellettuale, è quella che caratterizza Tiziano Rossi in tutti i suoi libri e in particolare ne Il movimento dell’adagio (Garzanti, 1993), ma anche nei successivi Pare che il paradiso (Garzanti, 1998) e Gente di corsa (Garzanti, 2000), fino alle prove di prosa poetica di Faccende laterali (Garzanti, 2009). Segnale intermittente del lungo “filo rosso” che attraversa le sue poesie è la presenza di un “tu” che brucia le zone di vuoto intorno a sé. Nel non dichiarato ma trasparente fallimento della storia, nella precaria riconquista di valori usurpati e strumentalizzati, sull’orlo dell’abisso, quel “tu” funziona da continuo ricollegamento degli strappi e delle sfilacciature. È in qualche modo un ponte che si lancia da un’estremità all’altra dell’abisso e che consente sia pure sempre all’ultimo momento di evitare il precipizio. Come risposta all’inevitabile e costante realtà declinante della vita, l’invito a godere il tempo che fugge, nella poesia di Tiziano Rossi, si dispone all’interferenza consapevole/inconsapevole di quell’operazione intellettuale che esprime l’ossessione, l’allucinazione, l’incubo, accanto alla logica. In una situazione, di linguaggio e di atmosfera, che evita sempre gli eccessi e si ammortizza in una piana elegia sottilmente ironica. La deriva in Tiziano Rossi ha il moto lieve e appena increspato di un’oscillazione tenera, con la dolcezza sia pure angosciosa e angosciante di una memoria ostinatamente ritornante. Per ciò che si materializza come assillo e monito nella considerazione tutt’altro che rassicurante: “spediremo cartoline da un luogo straniero”. A richiamare, per brevi assaggi, un certo straniamento tipico degli esordi al tempo de La talpa imperfetta (1968). Il senso tragico della vita assume i tratti del bilancio consapevole. Ma il contrappeso di una forza vitale che rifluisce dalla più intima radice di sé viene, come un’onda di riporto, a risollevare la chiglia che il peso della ragione porta a fondo. La composizione delle due direttrici opposte privilegia una dimensione obliqua, che predilige le situazioni “oscure”. E molte delle poesie di Tiziano Rossi, a partire da Il movimento dell’adagio, sono attraversate dalle simbologie del buio, allusive all’indecifrabilità assoluta della vita.