La Poesia italiana del Novecento - The italian Poetry of the 20th century

Patrizia Fazzi


 

Patrizia Fazzi è nata nel 1950 ad Arezzo, dove vive. Laureata in Lettere presso l’Università degli Studi di Firenze, è stata allieva e collaboratrice di Giorgio Luti presso la Cattedra di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea. Docente di Materie Letterarie e Latino negli Istituti di istruzione secondaria superiore, ha ideato e realizzato il progetto didattico “L’avventura dei linguaggi”, ciclo di incontri con importanti protagonisti del mondo culturale. Nel 2005 le è stato assegnato il Premio “Domina donna” dalla Commissione Pari Opportunità della Provincia di Arezzo. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Ci vestiremo di versi (Helicon, 2000, Prefazione di G. Luti), Dal fondo dei fati (Edizioni del Leone, 2005, Prefazione di G. Vizzari, Premio Firenze “Fiorino d’Argento” 2005 e Premio “Tagete” 2006), L’occhio dei poeti (Edizioni del Leone, 2011, Prefazione di P. Ruffilli, “Premio Speciale Firenze –Mario Conti” 2012). Ha pubblicato inoltre La conchiglia dell’essere - Poesie per Piero della Francesca (Le Balze, 2007, Prefazione di L. Luisi, Premio Speciale “A. Contini Bonacossi” 2007), Il filo rosso - Segno e simbolo nell’arte di Giampaolo Talani (Polistampa, 2008, Prefazione di G. Faccenda, Premio “Tagete” 2011), raccolte che si muovono sul binomio poesia-pittura, a lei caro e congeniale, come dimostrano i molti interessi per l’arte. La conchiglia dell’essere è stata ristampata in edizione ampliata e aggiornata (Polistampa, 2009, 2011), anche in lingua inglese, The Shell of Being. Il libro è stato presentato a Montecarlo (Monaco) nel Mese della Cultura e Lingua Italiana 2012 su iniziativa della Società Dante Alighieri. Sue poesie sono presenti in varie antologie, tra cui A mio padre (Newton Compton, 2006) e F. Manescalchi, Poesia toscana del Novecento (Polistampa, 2009). Ha tenuto laboratori di scrittura poetica nelle scuole primarie e medie e curato conferenze, incontri, presentazioni di libri ed autori. È collaboratrice del quotidiano www.ilcittadinoonline.it di Arezzo. Studiosa di Ottone Rosai, è autrice di sette saggi sull’artista, pubblicati su “Nuova Antologia”, negli “Atti dell’Accademia Petrarca” e in varie miscellanee. Nel 2001 le è stato assegnato il “Premio Firenze” per la Saggistica per un saggio dedicato a “Via Toscanella” di Ottone Rosai.

E-mail    patrizia.fazzi@infinito.it


literary.it    http://www.literary.it/autori/dati/fazzi_patrizia/patrizia_fazzi.html

blog    http://patriziafazzi.blogspot.it/


CI VESTIREMO DI VERSI

 

 

 

Resteranno le mie parole

quando non ci vedremo più.

 

Brilleranno al sole

come i miei capelli,

che non potrai accarezzare.

 

Rosse fiammelle

nel buio che ci dividerà,

rosse azzurre, fresche,

per l’arsura di un bacio impossibile.

 

Nei freddi risvegli

e negli opachi tramonti

i ritmi creati per te

saranno morbido mantello,

talismano da stringere,

nenia consolatrice.

 

Ci vestiremo di versi

come di carezze

e per una volta ancora

la poesia si farà amore

e ci salverà.

 

 

Da Ci vestiremo di versi

  

 

 

 

 

RISORGERANNO PAROLE

 

 

Risorgeranno parole:

 

tenui filami nella giungla dei suoni

pulsanti foglie nuove

 

            timide parole

 

nella notte elettronica

riscoperti battiti ancestrali

guizzanti nel gregge stordito assordato

 

risorgeranno parole

e si faranno

    nel silenzio

                    pensiero.

 

 

 

 

LA SCIA

 

 

 

S’incurva ogni cosa

nel suo ciclo:

 

traluce e spunta

cresce e risplende

(a volte abbaglia e brucia),

poi s’appanna e muore.

 

Meteora è la vita

che passa e ci trafigge.

 

Resta però la scia

di parole luminose.

 

 

 

 

QUEL CIELO BLU

 

 

 

 

Quel cielo blu tagliato dalle tegole

quel blu cobalto indefinibile

che va giù a chiudersi tra i tetti

                                            scuro scuro

oh se potessi sorvolarlo lieve

 

quel cielo blu cobalto

sordo alle luci e ai passi

oh se potessi trapassarlo lieve

ed affacciarmi dietro

la sua cortina di segreto

e per un attimo, solo, capire…

 

quel cielo blu velluto senza stelle

che tutti unisce e che nessuno guarda

potessi farmene mantello

                                     per volare.

 

 

 

 

VITA

 

Sento la vita che mi scoppia dentro

acqua azzurra che si espande

e ingrossa gli argini del cuore

 

erba verde con bocci colorati

fragranti come mani tese

a spezzare insieme il pane dei giorni

 

 

                    vita

 

 

vita che mi provoca

mi culla

            e poi mi annulla

mi cala nel buio a rincorrere voci

e poi mi spiazza con i suoi arcobaleni

 

vita da afferrare

                        e inafferrabile

 

doloroso meandro

                        dove perdersi con gioia.

 

 

 

 

L’UNICA GRAZIA

 

 

 

Va da sé la storia,

il mondo, le cose.

 

Ma non si spiegano.

Anzi, ci pongono domande.

 

E’ inutile scrutare il cielo,

fissare indietro e avanti,

rileggere gli eventi

cercando la nota a piè di pagina,

l’asterisco rivelatore…

 

E’ dentro noi

la verità, lo specchio,

l’unica vera grazia.

 

 

 

 

PIANTARE PAROLE

 

 

 

 

Vorrei piantare parole,

come piantine grasse innestarle

                                            in vasetti,

accomodarle piano

                            nella terra di tutti,

vederle germogliare

accanto al muro dei sogni

        con ogni giorno una lacrima

                                e una stilla di sole.

 

 

Nell’aria di tutti far crescere

echi flessuosi di versi,

dare ed essere

                voce

               del sangue gioioso e disperato,

 

piantare parole vorrei,

come una croce di fiori.

 

 

 

 

Da Dal fondo dei fati

 

 

 

 

 

LA ROSA E LE COSE

 

                                                        Per i quadri “Tacita” di Giampaolo Talani

 

 

Tacitamente parlano le cose

            proiettano luce dal silenzio

appoggiate al bordo della vita

            evocano i suoni del pensiero…

 

Si apre piano la cerniera

che chiude i sogni prigionieri:

si accende di colori la barchetta

        di carta lieve come petalo di rosa,

 

si svela ora il dilemma,

per un attimo si vola

                            liberi

                    nel cielo tra le stelle

o al sole caldo di quel grande amore…

 

Ma un gatto è lì, sorveglia la tua rosa,

rischia di far di te un burattino:

si apre o si chiude la mano tra le cose,

            silenziose guanciali ai tuoi respiri?

 

Emerge un volto dal fondo del profondo

dove ha lottato a lungo nel salmastro,

afferra il filo rosso, stringe la sua spina:

 

vince la rosa sempre, anche se appassita,

 

si adagia nella bocca,

            nel fiato silenzioso del dolore,

nel sussurro leggero dell’amore.

 

 

Da Il filo rosso – Segno e simbolo nell’arte di Giampaolo Talani

 

 

 


L’OCCHIO DEI POETI

 

 

 

L’occhio dei poeti guarda lontano

 

l’occhio dei poeti vede nel buio

              non si perde

l’occhio dei poeti sa la direzione

buca le mura di gesso

le porte blindate dei cuori

 

l’occhio dei poeti non si stanca

        è inarrestabile vento

imprendibile sguardo

                tutto a sé trascina

 

barca nel tremolio della vita

lieve ventaglio

            nell’afa uggiosa

sorriso che prorompe

risata, scherno, scarto dalla norma,

                libertà assurda ed assoluta.

 

L’occhio dei poeti

            non perderlo di vista :

perditi con loro,

                guardalo e ti ritroverai.

 

 

 

LA SORELLA DI SHAKESPEARE

 

 

Cosa mai fare per sentirsi vivi?

già e sempre risuona il dubbio di Amleto:

 

to die, to sleep, no more..

or to take arms against a sea of troubles

and, by opposing, end them?..

to die to sleep, no more…

 

No - risponde Virginia -

la carne mia si ribella

ad un’urna di pietra da viva:

sono la sorella di Shakespeare,

quella che vuole

una stanza tutta per sé”,

una penna che scriva

le gocce di sangue e di sole,

una bocca che schiuda pensieri

            colorati, sdegnati, ritmati,

slogan da stadio da sussurrare

                    all’orecchio del cuore…

 

Avvolta da una bandiera-barriera,

incatenata ai miei versi,

    brucerò sul rogo dei folli,

lanciando scintille nel cielo del tempo,

 

piuttosto che essere cenere

                che arde senza calore.

 

 

VITANAUTI

 

 

Sempre qualcosa ci divide

sempre qualcosa ci unisce

da ricercare nel vuoto, nello spazio muto

dei minuti assenti, privi di tatto...

 

viviamo sospesi,

                        appesi all’amo

di parole perse nella galassia cibernetica,

per un attimo premiati da una stella,

    microluce di messaggio

 

e poi di nuovo risucchiati,

chiusi, serrati nella stiva delle ore vere

    e non virtuali

 

vitanauti senza volante

                                nè patente,

nella scia di correnti calde, fredde,

- a volte coraggiosi controcorrente -

temponauti con troppi orologi

ma nessuna clessidra

che ci mostri la sabbia dei secondi

lo scintillante gioco dei granelli...

 

cosmos e caos ci avvolgono,

ci turbano, intrigano le piste,

    si fa deserto il mare

    e siamo soli sempre

senza una mano che ci dica

    ‘amore, vieni’.

 

 

 

 

IL SOFFIO GENTILE

 

                                                            A Nicoletta Innocenti

 

La vita ha un suo soffio gentile

anche quando graffia,

squarta la carne del cuore

 

inopinatamente arriva,

    temporale estivo

            scuote le radici

le tenere gemme spazza,

rivolta la terra dove

fino allora camminavamo lieti,

 

la vita è un usuraio

nascosto nelle pieghe dei sorrisi

ed ogni tanto ti presenta il conto da saldare,

senza ‘ratio’ che tenga

senza scampo se non

    nella forza accumulata

            negli anni e negli affetti,

 

in quello che si è dato

e ancora siamo pronti a dare

senza assegni firmati,

sine ulla’ certezza,

 

strappando a morsi

un pane residuo di speranza

risucchiando molliche rare di gioia,

di fede in quel soffio gentile

che resiste nel vento

                  degli incontri.

 

 

 

LA TENDA AZZURRA

                                                                        Per l’opera di Walter Valentini

 

 

È un pannello di note arricciate,

un’azzurra calata di vite rapprese

                    sulla soglia del vuoto

o nel pieno di una storia voluta…

 

 

un invito alla vita

da raschiare con unghie mozzate

eppure ricrescenti e affilate:

 

 

noi, fili tesi e inchiodati,

               smarriti ed obliqui,

eppure protesi

                  a cercare armonie

a intrecciarsi sghimbesci

    schivando meteore impazzite,

cercando la luce ,

                    la luce che fiat lux

per il nostro rettangolo chiaro

per quel segmento divenuto

                                   d’improvviso

                                                        infinito.

 

 

 

 

 

 

 

 

RUGHE DI CAMMINO

 

 

                                                                    Per il quadro di Fiorella Pierobon “Goldenwave”

 

 

                Sale o discende

la raggiera di onde

che si apre nell’ora screziato della vita?

 

Rughe di cammino percorso

sciando a valle

                        oppure in risalita?

 

È cima che appare e scompare ogni meta,

e si increspa ad un tratto la liscia superficie,

concava o convessa,

            eppure apre un sentiero

che il piede dell’anima percorre,

a volte scalzo, arso di sudore

come se fosse luce di deserto

                      ad annebbiare distanze,

indicazioni nel dorato solco...

unica misura

                    l’ago di bussola del cuore.

 

La scelta delle via

                è oro colato su stigmate ruvide di pianto,

tensione impastata di gioia

            di fronte alla radura di riscoperte certezze,

 

pronti a ripartire

                        per una nuova oasi da cercare.

 

 

I GIOVANI DEL SABATO SERA

 

    Sciamano nei portici     il sabato sera

giovani agghindati nei jeans firmati o sbrindellati,

civettuole adolescenti con mini borsine

a cercare una noce di fresca avventura

per occhi truccati di mandorla inquieta,

 

giovani a gruppi, vocianti,

salgono e scendono da macchine super

            si scambiano sms

a dissipare paghette in happy hour frastornanti,

pur di fermare una luce d’incontro non solo virtuale.

 

E’ tutta loro la via,

la città si svuota di affaccendati passanti

si ferma il ‘labor’, è ora di s-vago,

pausa extra-vagante

tra pietre su cui hanno posto mani e passi i loro antenati,

nomi e volti alieni di marziani scomparsi,

lapidi ignote nascoste su negli antichi palazzi

dove non si alza lo sguardo,

ma si comincia ad ‘errare’

    per una bevuta di troppo

 

e forse c’è tutto in tasca e nel cuore

tranne la carta d’identità cittadina,

il biglietto d’ingresso per un gioiello

                               non esposto in griffate vetrine

ma nelle stanze dell’arte, in cattedrali di storia,

che farebbero ‘sballare’ davvero

per il dramma della loro estrema, eterna bellezza....

 

Giovani d’oggi,

splendidi fiori nati in mezzo all’asfalto,

forze rombanti di tenerezza,

pronti alla ‘pugna’, non sapendo per chi e per cosa,

nucleo rabbioso di creatività

bruciato in un fuoco di solitudine,

frustrato dalle profezie di paura,

 

crediamo al domani,

alla pianta frondosa del nostro futuro,

crediamo al trattore del cuore,

alla vanga paziente della speranza.

 

Giovani di oggi,

pianticelle dell’orto sociale,

dove cresce anche gramigna,

scusate la mia paternale,

scrivete messaggini d’incontro alla vita reale.

CHI SALVERA’?

                                                            A Marco

 

Chi salverà la musica?e la bellezza ? e l’amore?

dovremo raschiarci le vene

             invece di bucarle,

riempire ceste di abbracci

        per stenderli al sole

come le nostre anime sgualcite,

un bucato di tenerezza senza ammorbidente,

    tuffo nel calore del sangue,

 

ricercare i pezzi sbruciacchiati

e ricomporre la mappa delle case,

cercare la parete nascosta dove appare

ancora un lare,             una domestica fiaccola

            che inanelli i cuori,

trovare una risposta

        al dubbio che raggela,

mentre tanto era stato l’impegno,

la passione nel formare una vita,

nel plasmare una creta partorita

con mani che si credevano esperte

        e sono su se stesse scivolate...

 

Chi salverà la speranza,

l’armonia,        l’essere dell’essere,

il silenzioso battere all’unisono

al centro del cosmo dentro un guscio di gioia,

    vascello in un soffio ringhiottito,

 

chi salverà la bussola, l’arco teso

                          della voglia di creare

                          e

sommerso nel baccano mediatico.

freccia che pur si slancia luminosa

ma nessuno più ne guarda la coda di cometa,

 

chi salverà dal perdersi nel caos,

    chi salverà il cosmos?

 

 

 

 

Da L’occhio dei poeti

 

 

 

 

L’ALBA ROSA

                                                                        Per la RESURREZIONE di Piero della Francesca

                                                                                                                Sansepolcro

 

 

 

La nuova vita

            che si appoggia fiera

                                    a se stessa

dalla ferita innalza

                la croce della fede ritrovata

s’incarna di luce

                di alberi rinati

dai rami scarni rifioriscono

                                            le foglie.

 

                                        E’ l’alba rosa

che sconfigge i sogni viola,

il pianto disperato, la paura,

il sonno irrazionale e abbandonato,

 

                        ridona all’umano simmetria.

 

Trionfa regale sulla linea di marmo

e tutti avvolge come una bandiera

lo sguardo di Cristo che sicuro scruta:

 

il braccio teso al cielo

                                è un inno chiaro.

 

Rinasce il giorno, il seme, la speranza,

                più vicino è il riscatto,

                                                     l’alba vera.

 

 

 

 

Da LA CONCHIGLIA DELL’ESSERE – Poesie per Piero della Francesca