Antonio
PORTA
Antonio Porta, pseudonimo di Leo Palazzi, è nato a Vicenza nel 1935, è vissuto a Milano, ed è morto a Roma nel 1989. Nel 1977 ha raccolto il proprio lavoro poetico edito (La palpebra rovesciata, I Rapporti, Cara, Metropolis, Week-end) e inedito dal 1958 al 1975, nel volume Quanto ho da dirvi (Feltrinelli). Le successive raccolte: Passi passaggi (Mondadori, 1980), L’aria della fine (Lunarionuovo, 1982), Invasioni (Mondadori, 1984, Premio Viareggio), Nel fare poesia (antologia personale dal 1958 al 1985, Sansoni, 1985), Melusina, una ballata e diario (Crocetti, 1987), Il giardiniere contro il becchino (Mondadori, 1988), Tutte le poesie (a cura di N. Lorenzini, Garzanti, 2009). Ha inoltre pubblicato i romanzi Partita (1967 e 1978) e Il re del magazzino (1978), una serie di racconti Se fosse tutto un tradimento (1981) e i testi teatrali La presa di potere di Ivan lo sciocco e Fuochi incrociati. Ha curato l’antologia Poesia degli anni settanta (Feltrinelli, 1979). Nel 1961 ha contribuito alla formazione de I novissimi, poesie per gli anni ’60. Redattore de “il verri” e di “Malebolge”, è stato tra i fondatori di “Quindici”. Ha partecipato ai lavori del Gruppo 63 e si è anche occupato di poesia visiva.
https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Porta_(scrittore)
POESIE
da TUTTE LE POESIE
Buio contro buio
la scrittura come un lume lontano
o invece si apre al presente
e respiro di nuovo
e ho voglia di anticanto
poesia dell’antimateria.
La parola Fine
atti contatti patti scatti
scaduti contratti piccoli ricatti
il dito indice gratta blando dietro
l’orecchia destra segnala la svolta pericolosa
tango che ti sprango ti striscio
come superbo fa un organo dondolando tra un gigante e l’altro
Ma l’anatra è Madre più di una umana madre
richiama riconduce guida nutre la vita
Dai buchi della Terra i risorti spuntano
uno a uno si ripiegano su di sé
si erigono come asparagi i corpi degli umani
fluttuano (Resurrezione è questo dopo
la Fine la vergogna esserci)
la Foto di gruppo deve essere ancora più orrenda
Se ti spogli stai più lontano possibile
pure continua a guardarmi bene fino in fondo
finalmente, ora, getta in platea
la rete, la gabbia, la corazza scagliosa
offri il tuo Ventre alla mia Bocca
appena aperta sulla Scena, o Madre
o sorella o famelica amante dai che scompaia
l’Equivoco Signore che pronuncia
la parola Fine.
*
Telefoni dall’autostrada domenica mattina
per dirmi degli sprazzi di luce
la pioggia battente e passaggi rapidi
di nuvole cariche di blu poi ancora
sprazzi di luce e gli alberi s’infiammano
di nuovo scrosci di pioggia primoautunno
attraversano l’Italia Centrale
ma tu passi tra i bagliori dei temporali
e mi telefoni per dirlo: «non c’è
traffico, l’autostrada è quasi deserta,
sto arrivando non ci sono più ostacoli».
Amleto, I
detto in parole semplici: è
il padre che ti spinge Ofelia per i piedi
ti tira per i capelli
il padre ti fa navigare via
la madre ti riempie il grembo di fiori appena recisi
ma ci sono ancora molte domande: chi
ha preparato il ruscello gonfio d’acque di specchio
chi spinge le acque degli specchi trasparenti verso
le acque salate del mare, chi
ti accompagnerà nella navigazione in mare aperto
spalancherà i fiori marini, visto che è Primavera
chi riuscirà a penetrarti, infine, prima che il gelo
quando rende impossibile l’atto necessario
ma come la retorica gonfia queste parole, queste domande
come l’amore desiderante rende il discorso infiammato e gelido
come il tuo fiato e il mio si mescolano
come le lingue si intrecciano
e le dita si mettono a correre per conto loro
lungo il percorso necessario dei corpi
Amleto, 3
che cosa significa dunque che il linguaggio tende
ad agghindarsi
che lo scrivente stia in calzamaglia a controllare
un’erezione che non c’è che non ci sarà
la madre vuole essere penetrata e apre, ecco
sul pavimento la sua vulva fiorita
lei ha preparato il momento e tu richiudilo
Ofelia nel pelo della tua mente seppellendoci
il padre sotto il pavimento
e a me stesso, infine:
se hai coraggio l’insemini, fra nove mesi
in questa stessa ora potrai riconoscere, allora
sì fingere sul serio di essere vivo
se un non-nato può nascere.
Nessuno può raggiungere Ofelia
(ancora non mi chiamo: Nessuno)
chi le toglie l’ingombrante verginità la rende
uguale alla madre
il ciclo della riproduzione riprende il suo corso
la specie è salva.
In un punto
In un punto ci sono due magnolie giganti
e sotto l’erba folta contro tutte le leggi conosciute
noto nello stesso istante una folata di vento
che attraversa il piccolo giardino
lambisce i bordi dei tennis lucenti
nel gelo dell’aria sospinge la vita di continuo
e intreccia i semi tra loro, li annoda alla terra.
Io sono come una vela piena ma
questa notte al cadere improvviso del vento
mi preparo a cadere tra le braccia immobili dell’alba.
*
Cercano di dare un tempo alla morte
poiché non ha dimensioni, è il vero
nostro infinito; così dicono alle ore
10 e 11 minuti ma non è vero
si era visto invece come si preparava
rannicchiandosi nella posizione fetale.
Quando si sedeva in macchina accanto
già prendeva quella posizione: l’auto
come il ventre della madre e via fino all’arrivo.
Quella volta in attesa di una morte in anticamera
ho sentito dire che negli ultimi tre minuti
la sua vita è precipitata nel senza tempo
nell’ultimo eterno minuto i dolori
raggiungono il loro acume, se ne vanno con l’anima.
Ma è un bene essere privati del tempo,
è un furto che genera abbastanza e dona
una pace non sperabile, raggiunta senza speranza
da un istante all’altro la dimensione è solo spazio
mare bianco increspato nella mente spalancata.
*
per caso mentre tu dormi
per un involontario movimento delle dita
ti faccio il solletico e tu ridi
ridi senza svegliarti
così soddisfatta del tuo corpo ridi
approvi la vita anche nel sonno
come quel giorno che mi hai detto:
lasciami dormire, devo finire un sogno