Gregorio Scalise è nato a Catanzaro nel 1939, vive a Bologna. Ha pubblicato, di poesia: A capo (Geiger, 1968), L'erba al suo erbario (Geiger, 1969), Sette poesie (In folio, 1974), Poemetti (in Quaderni della Fenice N° 26 1977, Guanda), La resistenza dell'aria (Mondadori, 1982), Gli artisti (Lunario nuovo, 1986), Danny Rose (Amadeus, 1989), Poesie dagli anni ’90 (Orizzonti meridionali, 1997), La perfezione delle formule (Stampa, 1999), Controcanti (Quaderni del circolo degli artisti, 2001), Nell’ombra nel vento (Art, 2005), Opera-opera poesie scelte 1968-2007 (Luca Sossella, 2007); di saggistica: Bruciapensieri (Il cavaliere azzurro, 1983), Ma cosa c'è da ridere: un pamphlet contro la comicità (Synergon, 1993), Talk-show system (Synergon, 1995), La contraddizione iniziale (Magenta, 2006); di teatro: Grazie vivissime per il ricordo (1978), Il pupazzo azzurro (1979), Vita di Carrol (1979), Ultima lettera allo scenagrafo (1981), Io e Manattan (1983), Segreteria telefonica (1983), La Donna allo specchio (1985), Dove sei W`lly Loman? (1986), Milena risponde a Kafka (1986), Marylin 5 agosto (1988), Racconto d’autunno (1991), Servi di Scena (1992), Boite à conduire (1998). Si è occupato anche di poesia visiva e di critica d’arte.
POESIE
Le nuvole
1.
Racchiuse nella città invisibile
le nuvole non hanno frctta
c'è sempre una slogatura
per la lucentezza di chi scrive,
con quel verde che inonda le porte
mentre guarda un oracolo
inconcludente.
Se quello è il luogo
in cui filtra la storia,
quando con sicura disperazione
ritorna primavera,
un pensiero in distanza
scende con la speranza di un giorno:
quei gesti di una identità personale
si associano ad un rumore di fondo:
in quelle linee che ricoprono il corpo,
muore anche l'amicizia.
2.
Le nuvole olandesi non sanno dove cadere, vivono sempre nei cieli larghi,
quando smettono di ragionare
occupano strati di cielo
approfittando della forza del vento:
si dispongono in file trasversali
come una idea teologica:
credono in dio mentre rimbalzano
verso l'orizzonte: come quei mulini
sibilanti; spesso sono scure,
liricamente corrotte,
giungono dove nessuno presume di essere:
e ci sarà sempre un incanto
nella loro forma
come una profonda rimozione.
3.
Per quel segmento che riporta
il punto al luogo di partenza
volano nuvole rimosse:
avere l'anima negli occhi
è il loro sogno continentale:
aporia degli alberi
come una cassaforte che esercita l'ingegno sgomentando grigi pallidi:
(tutto dovrà ricominciare
quando si sveglierà fra le pietre
l'angelo del mattino).
4.
Ci sono nuvole di sabbia
(momenti di un idillio fra primavera
e ceneri del novecento)
e la sintesi delle stagioni
afferma ehe non ci saranno più guerre:
due volte l'uomo assomiglia alla luna,
i boschi non mandano splendore
quando tutto è falsopiano;
il corpo, è noto, è pesante
si installa al centro del fumo
facendo rieorso alle arti
della convenzione:
fra quei portoni la malinconia rapina il corpo
con una lunga prefazione
che parla del sogno.
5.
Quando sono alte le nuvole
perdono ogni diritto,
grondano sudore e rabbia
sui boschi cheospitano dei parassiti:
di nuovo a loro agio in quel eorridoio
guastano la varietà
di un lato geometrico:
una scena rapida
come una catena mentale:
è un poema ehe si apre
con l'insicurezza della mano:
ogni nuvola dice che
l'uomo è sempre meno disabitato:
mentre ritornano sui propri passi
dimenticano le parole che si possono scrivere
in una città d'estate dai gesti caricaturali.
6.
Le nuvole si allontanano dall'aria
la loro perdita è ai limiti
della riscrittura, sfiorando tetti d'inverno bloccano quel pensieri
veloci come la retorica:
la passività del volo
è ai limite del rimorso,
giungono dove esiste una formulazione precisa:
attraverso aspre assonanze,
i segmenti travestono
la loro elemosina:
è per conoscere il passato
senza chiedere a nessuno l'età del mondo.
POEMETTI
DORA MARKUS E I SUOI ATTORI
Molti inverni sono trascorsi
con una sensazione generale:
nelle biografie si vedono i diavoli
stesi fra i fili del cortile:
la loro insana allegria sfiora
i capelli grigi: Dora Markus
in un giorno disadorno
suonava il piano con sottigliezza esistenziale.
Vivevano lungo argini fioriti
e delicate disfatte i ragazzi viennesi
col gibus e scarpe di seta:
un pattinatore scivola fra quelle cianfrusaglie agitando gli oggetti di sua proprietà.
La mente cerca immagini a caso:
non vorrei che facessero
la loro descrizione.
Per tutto il pomeriggio abbiamo navigato
in un rito europeo: l'aria colpisce
una zona desena e traccia attorno
alle figure una luce
metafisica e un po brilla.
Il ciabattino del teatro
risponde che siamo usati per vivere:
batte le mani ai poeti provenzali,
li ha condotti sin qui fra delicate perifrasi.
Per la continuità della specie
le rose non hanno né inizio né fine:
brucia un sassofono nel paese
dove nessuna opera è spiegabile:
si parla badando a non far scricchiolare l'alfabeto: i suoi capelli sono un cliché,
ardono al centro della terra.
Ha dovuto affrontare nemici ben piu forti.
Anche lo schema di una nuvola
sfiora il selciato: fra nostalgia e vissuto
una donna al caffé è una semplice idea:
con i capelli ingialliti
accende le candele di Natale:
la sua casa conosceva l'avanguardia
ma la claque di un racconto d'inverno
ha reso esatta la sua violenza.
Il suo volto era apparso
fra grandi palazzi:
ora guarda i vestiti sulle sedie,
vi sono giorni scarni come tempeste
che non lasciano niente d'intatto:
forse la biografia
sbiadisce con un nome particolare,
e con la magia degli occhi
la sequenza di un sillogismo
si riflette nell'ombra dei vetri.
Fra una distesa di rami verdi
cantano i poeti elisabettiani:
siamo alle origini della luce,
l'errore del vento sospinge una coscienza religiosa, le radici crescono
come lingue che abbiano indossato
i vestiti migliori.
I fori sono gli attori
che meditano una parte difficile
crescono per strane visioni
e fra spazi leggeri la vita
diventa segno di malizia:
giungono alle soglie di un laboratorio
dove la luna presta il segno preferito.
Con lo scarno distacco dalla parte
il vento alloggia gli emigranti.
Se scrivere è il segno che avevano pensato nessuno puo chiedere alla poesia
di essere simile a quel segno.
Uno specchio si appanna
riflette angoli falsi,
prima di fare un ragionamento
si crede orribile o folle.
Gli attori recitano con nuove citazioni,
cigolano le porte delle scale
e nelle pozzanghere risplende mezzogiorno.
DORA MARKUS AND HER ACTORS
Many winters have passed
with a general sensation:
in biographies one can see devils
hung out on clotheslines in the courtyard:
their insane joy caresses
gray hair: Dora Markus
on a plain day
played the piano with existential subtlety.
Viennese children with gibus hats and silk scarves lived along blooming embankments
and delicate downfalls:
the skater slips between those trifles
stirring the objects of his propriety.
The mind seeks images at random:
I would not like them
to describe themselves.
All afternoon we sailed
through a European rite: the air strikes
an empty zone and traces around
the shapes a light
that is metaphysical and a little tipsy.
The theatrical shoemaker
replies that in order to live we are used:
he applauds the Provencal poets,
he led them this far through delicate periphrases. Because of the continuity of the species
roses have neither beginning nor end:
a saxophone burns in the country
where no work is explicable:
one speaks trying not to make the alphabet squeak: her hair is a clique,
it glows at the center of the earth.
She had to confront much stronger enemies.
And the outline of a cloud
grazes the pavement: between nostalgia and experience a woman in a cafe is a simple idea: she lights the Christmas candies
with yellowed hair:
her house knew the avant-garde
but the claque of a winter's tale
rendered its violence exact.
Her face had appeared
among great mansions:
now she looks at the clothes on the chairs,
there are days lean as storms
which leave nothing intact:
perhaps the biography
fades with a particular name,
and with the eyes' magic
the sequence of a syllogism
is reflected in the shadow on the window pane.
Amid an outgrowth of green branches Elizabethan poets sing:
we are at the origins of light,
the wind's error compels a religious
awareness, the roots grow
like tongues that put on their best clothes.
The flowers are actors
that meditate a difficult part
they grow through strange visions
and among light spaces life
becomes a sign of malice:
they arrive at the threshold of a laboratory
where the moon lends the preferred sign.
With the lean detachment from the part
the wind houses the emigrants.
If writing is the sign that they had thought
no one can ask poetry
to be like that sign.
A mirror fogs
reflects false angles,
before building an argument
one thinks oneself horrible or mad.
The actors perform with new quotations,
the doors to the stairs creak
and in puddles the noon sun shines.
KAFKA A BOLOGNA
Abbiamo camminato per tutta la città
per sapere dove risiede l'inganno:
la stagione si apre con una polemica
contro gli stoici e il giorno è contro
quegli argomenti: il nome che durava
sino al confine con la pioggia
esprime con grandezza di stile
una vicenda conosciuta da tutti.
Di tutte le soluzioni vi sono scarse
tracce, la parte superiore dell'esistenza
non ci appartiene: l'albatros
senza nuvole è una macchina con semplici regole, gioca con l'upupa
a inceppare il passato.
Ho visto inverni precedenti
sfuggire a questo scopo:
salivano lungo solitudini involontarie
tracciando linee sopra coni d'erba.
Non si puo recepire altro di nuovo:
il suo alter ego in questa proiezione
trasforma il bosco in una zona culturale:
fra i gesti della notte
un esercizio di virtu è narrabile
con medie parole: vengono le rondini
a visitare il corpo di Kafka.
Non aveva mai pensato che la storia
potesse essere diversa.
Per un sistema di errori
i destinatari riassumono questa macchina
nel linguaggio di una fabbrica:
gli oggetti futuristi si devono
adulare o spegnere.
Assorti in una credenza popolare
alcuni scienziati raffigurano la società
con i fili della memoria:
cercano di tenerla assieme
ma la sua vocazione è disgregarsi.
Fissa il suo gioca con astuzia
mentre un filo di luce cade sulle foglie.
Offre motivo di ripensamento
un programma con giornate di negligenza:
la folla lucente ha un piede
nell'ombra, quelli che parlano di lei
diventano raffiche di un'epoca:
la pretesa degli sradicati
sfocia nel mito e un doppio filare
fa dondolare le sedie nel tinello.
Il chierico cammina fra dialettica
e struttura: scuote i rami al tramonto,
non sa che il nulla è un sillogismo:
e una coppia insidiosa
conduce una idea centrale ad un carro barocco:
a causa della sua solitudine
vive solo due volte.
La lontananza nasconde quei moventi,
i difetti agiscono nell'aria,
aveva concepito un disegno importante
ne ha visto svanire le intenzioni.
KAFKA AT BOLOGNA
We have scoured the entire city
to learn where the deception resides:
the season opens with a polemic
against the Stoics but the day is against
those arguments: the name that persisted
as far as the border with the rain
expresses in a lofty
style an event that everyone knows.
There are scant traces
of all the solutions, the higher region of existence does not belong to us: the cloudless
albatross is a machine with simple
rules, it plays with the hoopoe
obstructing the past.
I have seen previous winters
escape this purpose:
they rose during involuntary solitudes
tracing lines over cones of grass.
He can only be received again:
his alter ego in this projection
transforms the forest into a cultural zone:
among the nocturnal gestures
a virtuous exercise can be narrated
in common words: the swallows come
to visit Kafka's body.
He never thought history
could be any different.
Through a system of errors
the consignees reassume this machine
in a manufacturing language:
futurist objects must be
adulated or switched off.
Absorbed in a popular belief
several scientists represent society
with threads of memory:
they try to hold it together
but its vocation is to disintegrate,
It cleverly fixes its game
while a thread of light falls on the leaves.
A program of negligent days
offers a motive for reflection:
the shining crowd has one foot
in the shadow, those who speak of it
become the squalls of an epoch:
the pretence of the uprooted
flows into myth and a double row of vines
rocks the chairs in the dining room.
The altar boy walks between dialectic and
structure: he shakes the branches at
sunset, unaware that nothing is a syllogism:
and an insidious pair
leads a central idea to a baroque cart:
because of his solitude
he only lives twice.
The distance conceals those motives,
the defects whirl in the air,
he had conceived an important project
but saw his intentions vanish.