Angelo
SCANDURRA

Angelo Scandurra è nato ad Aci Sant’Antonio (Catania) nel 1948, viveva a Valverde, è scomparso nel 2021. Ha pubblicato le raccolte di poesia: Proposta per incorniciare il vuoto (Sciascia, 1979), Fuori dalle mura (Sciascia, 1983), L’impossibile confine (Manni, 1989, Premio Cilento-Pinto), Trigonometria di ragni (Scheiwiller, 1993), Criteri di fuga (Passigli, 1998, 2ª ed. 1999), Il bersaglio e il silenzio (Passigli, 2003, prefazione di Roberto Roversi). Ha pubblicato inoltre il saggio storico Valverde. Un comune dalla leggenda alla storia (Iscre, 1977), i testi teatrali Evoluzioni di una metamorfosi (Cavallotto, 1978) e Per un colloquio forzato (Piccolo Teatro, 2002), la raccolta di interviste Vivere la parola, protagonisti allo specchio (Bonanno, 1989), i testi narrativi Appunti per un colloquio forzato (La Vita Felice, 2000) e Quadreria dei poeti passanti (Bompiani, 2009). Una scelta delle sue poesie è stata pubblicata in svedese (Appunti per una morte di re ed altre poesie, a cura di Ingamaj Beck, Symposion, 1993) e in inglese (L’iracondo musicista e altre poesie, a cura di Roberto Severino, Georgetown University, 1996). Promotore del Gruppo Teatro Nuovo e direttore della rivista Il Girasole, nel 1986 ha fondato Il Girasole Edizioni, che accoglie testi di poesia, narrativa e saggistica di autori italiani e stranieri, e nel 2012 le Edizioni Le Farfalle che annoverano la pubblicazione di oltre cento libri di poesia, narrativa, saggistica e arte.

https://it.wikipedia.org/wiki/Angelo_Scandurra

POESIE

da PROPOSTA PER INCORNICIARE IL VUOTO

Spada
Verrò da te.
Impugnerò la spada della libertà…
Legherò tigri alla prigione-vita,
libererò i fantasmi che la mano della reputazione
ha schiacciato nei ventri.
Ordineremo canzoni disperate
per spezzare lo sguardo alle streghe.
Non potranno darci la vita né la morte…
Ci faremo crocifiggere sul monte
per salvare la speranza,
per infrangere le ossa alle stagioni,
per nascere e morire nella stessa ora.
Amore, vieni, corri. Non ci sarà un altro giorno.

da FUORI DALLE MURA

Processi in trasparenza
Queste urla giungono dal confine:
la poesia va imparata a memoria.
Bla, bla, bla. Il poeta nacque…
il poeta è morto, la poesia è morta.
Sulle scale della storia
siamo saliti a colpi di trovate.
L’uditorio è sminchiato, assoggettato.
Bisognerà dimostrare che la letteratura
non è una minagione di parole,
che la poesia non si vende a chilo, etcetera.

da TRIGONOMETRIA DI RAGNI

Metamorfosi
È qui che scade la tracotanza
dell’eroe…
Il nobile esercizio
impegna fino al tracollo,
spezza il tasso di libido,
educa al condono.
È qui che s’impacchetta
la libera intuizione
di occhi sull’orlo del divino.
Qui stralcio il dubbio della verità
e congiuro per la metamorfosi.

Il ragno
Il ragno intreccia
fili di sangue
nel dolore sordo del baricentro,
ma la preda
non accetta trigonometrie;
la fine circostanziale
implica altri destini,
resta un rebus
troppo chiaro, quasi aperto.

Libellula
Il pezzo di libellula
cade come la tua voce,
danza su punti mobili:
è congettura
tagliata al filo di vuoto,
è grumo di radici:
esito di bucce.

da CRITERI DI FUGA

Criteri di fuga
Rimedi cercati
sul cuore del disagio
per la luna che muore
in controluce mentre
il senso cede folgorato
a vantaggio dei registri.
La luminosità è parametro
per profeti e re magi;
più lenta è la notte
per i gatti e per le mani
che afferrano il respiro.

Ci prende all’improvviso
Ci prende all’improvviso,
sapiente, scaltra, risoluta,
ci trafigge nel costato.
Cerca complicità imperdonabili
come giocare col filo di luce
che taglia la ringhiera o soffocare
con perizia il gatto o aprire
lo sportellino della gabbia.
Scava con testarda compiacenza
smentendo ogni esattezza
per appropriarsi di filtri e di refusi.
Ci stringe ancora oltre
mentre gli angeli maturano riscosse
per il tempo passato ad espiare.

L’idea dominante
Nello sconquasso di ossa
s’aggirano gatti
con unghie affilate
occhi spenti.
Demolire, demolire
lo spazio che intercede
senza ritrarsi
al minimo contrappunto.
Anzi ribadire,
accendere la metafora,
inveire contro il dubbio;
squarciare il velo:
toccare, toccare…
Fuori (dentro) il tuo ventre
madre
sono una nota musicale,
un fiocco di sangue
col vezzo d’estinguersi.
Concepiscimi.

da IL BERSAGLIO E IL SILENZIO

Per colpire a segno
Per colpire a segno bisogna che
regni verosimilmente il silenzio:
la parola può allarmare il bersaglio,
renderlo vibratile, quindi mobile.
Benvenuti allora gli artefici di suoni,
anche se assassini della quiete.

Il bersaglio e il silenzio
Conosco lunghe ipotesi
sul silenzio, ossessioni
quasi confinanti, il margine
degli archi è contraccolpo –
voglio ferite sulle carni
non perle leggere e suadenti.
Il tempo è di fresie
che si piegano al profumo
con api invischiate nei raggiri.
Il bruciore che prende le ossa
con tinte di voci appena
in contrasto e si considera
il vuoto per spezzare i disagi.
Tu hai chiaro il vantaggio
sull’acqua e la rappresaglia
ha radici di spazi. Più largo
si fa il nido e aspro il concetto.
A manomettere i criteri
sono bachi da seta e il bersaglio
è un frammento d’uccelli.

L’altalena
C’è uno spazio dove l’altalena
è gioco di vertigini è nausea
di concetti e in agile riserva
si frena col piede strisciante;
nello spostamento dei doveri
l’analisi più netta è intruglio
il flusso uno scherzo che spinge
i corpi in senso alternativo.

La primavera
La primavera che inalbera
tanto silenzio di gemme
smorza ogni grido di riscatto
e tu che sei un velo
un taglio di parole sulla luce
inviti a precisi rituali.
Così si perde il conto
e il miagolio del gatto in calore
è lamento di vita sul balcone.

Il filo di Arianna
Probabile che nessuna stella
trapassi la vertigine ora che
spezzato il filo di Arianna
regnano integri i postulati.
Il lamento arriva come tonfo
Che s’intreccia alle fibre
e le volute accerchiano le ossa,
l’insidia pregiudica gli spazi
e la speranza profana ogni innocenza.

Il profilo
Evidentemente il profilo
è contrappunto eppure
la linea modella l’aria
per cristalli che colorano
in amplessi più o meno
consumati labbra s’uniformano
al tragitto delle favole.

Combinazioni
Solo brezze di ponente
riuscirono ad aggirare
il tuo volto nell’aria.
Gli uccelli con ali
di deserto impazzano
come dato di vertigine;
la piega sul tuo sorriso
era neo di velluto.
Spingimi a combinazioni
dove il sangue è scremato
da ogni dolcezza.

È quasi l’azzurro
Questa notte che
porta le nostre iniziali
è meno confluente;
anche se il tramonto
ci aveva insospettiti
storcendo l’angolo delle spine
e offrendosi nudo
a probabili accadimenti.
Ma la piega dell’occhio
è contrizione originaria
per chi aspettava la luce.
È quasi l’azzurro
a lapidarci le carni.

La morte
La morte è accenno di sangue
è come fare una scommessa
come spedire un dono;
si attorciglia alla voce
quale scongiuro di brandelli,
è tempesta di manti
che annuvola le notti.
Eppure è viva, accesa,
esorcizza, lacera
la stoffa dei cieli,
brucia ali agli uccelli,
fruga nei nostri desideri
invidiosa e solenne.
È un piccione viaggiatore
recante messaggi che sconosce.

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