Nino
MAJELLARO

Nino Majellaro è nato a Milano nel 1919, ha vissuto e lavorato a Gerenzano dove è scomparso nel 2006. È autore di raccolte di poesie: Lineare B (Nuova Corrente, 1971), La memoria artificiale (Geiger, 1974), La figura lo spazio (Geiger, 1978), Una metafora cieca (Societa di poesia, 1979), Viaggi di notte (Edizioni del Laboratorio, 1992), Poesie scelte (Edizioni del laboratorio, 2000) e di romanzi: Il secondo giorno di primavera: Milano 1584 (Spirali, 1984), L’ isola delle comete (Camunia, 1990), Cristoforo Colombo (Luise, 1991), Il bargello della Vetra (Camunia, 1992), La memoria dei fiumi (La vita felice 1995), Diavoli e capitani (Giunti, 1997), L’ammazzascrittori (Passigli, 2003). Ha curato il volume Giappone. Istoria della Compagnia di Gesù (Spirali, 1985) di Daniello Bartoli. Il suo libro L’isola delle comete ha vinto il Premio Selezione Campiello 1990.

https://it.wikipedia.org/wiki/Nino_Majellaro

POESIE

da VIAGGI DI NOTTE

*
Il fuoco spagina i libri, volta fogli
e frammenti.
———–Nella sera d’estate
l’uccello di bosco vola con le ali
bruciate delle pagine,
—————-immagine
che si apre sul deserto senza biblioteche.
Nelle teche della certosa la polvere
conserva i manoscritti: brusii
di parole, costellazioni di emisferi
scomparsi.
———Il fiume torna al cielo
il grano alla terra, l’uomo alle voci.
Le parole tornano al fuoco.
———————Fiori di cenere.

*
Si traccia una linea finita
una linea della vita
in bilico tra l’anima appesa
al cielo
——e la mente al profondo.
Fino alle soglie di ciò che
non si vede nel circolo
girato intorno al mondo.
A scandire la domanda:
——————Ci sei? ci sei?
Un altro anno, i calendari.
Poco tempo ancora.
Tempo domenicale.

*
Giochi della memoria qui dove
la terra sembra comporre le stagioni,
e scoprire nella luce di una foglia
viaggiatori in cammino.
————————————Nel tronco dell’albero
il tempo scandisce la quiete degli anni:
la vita di ognuno si accorda in segni.
Di poche ali è fatto il disegno
di un giorno.
——————-Intorno
fantasmi attraversano il deserto di terra.
Gelo, sputi di semi, letarghi invisibili.
Neppure un richiamo lacera il cielo.

Il tempo di Atene

I
Passo dalla collina alla città
in due ore. Di notte. Sfiorando finestre
in un silenzio di biblioteca,
e sono a casa in tempo per dormire
sette ore.
———La Storia
menziona un cimitero d’appestati
sotto l’erba di una discarica.
Anche le distanze sono incerte;
è probabile che la casa dove dormo
sia costruita nel posto
dove hanno visto fantasmi.
——————–Dei luoghi
dove tanti non lasciarono nome, non si hanno
informazioni: tutto fu fatto in fretta
e il commissario di sanità non redasse
la lista dei morti accertati.

II
Sedevo in un bar
una sera d’agosto, le ombre
passavano, la gente passava,
———————non si curava
pareva dovesse scomparire per sempre.
—————————-Ora
apro il portone, l’ultimo annuncio
non  è arrivato, e non si dica
per un oceano sconfinato, ma in una via segnata,
al numero tale, al piano quarto.
————————Ho lasciato
la macchina in divieto di sosta in modo
che si risalga subito al proprietario,
che sia iscritto sui registri
delle multe non pagate.
——————Sussurri di ossa:
che vi crescano aiuole intorno,
e la presenza dei vivi sia una condizione
permanente.
———Si discuta, si recitino
poesie, si suonino canzoni, si spediscano
cartoline.
———L’amore e il tempo
sanno di quale luogo si discorre.
E sempre il desiderio a rinnovare
il paesaggio. La memoria trascorre
stremata come in una fossa invernale; a stento
l’occhio si posa a decifrare un nome
e alla fine nessuno lo ricorda.

III
Meglio non sbarcare, navigare
prima di morire. Il vento
gonfia le vele, dall’alto il gabbiere
cerca il porto: in un letto, di mattina,
riesce faticoso risalire in superficie.
Con gli anni la mente diventa
il tempio del dubbio, come cercare
nell’acqua la traccia della corrente,
il tempo che si dice della ragione
non assicura il futuro.
—————-Il canto
dell’allodola insegue il suo sole,
per noi il sole diventa parola e la parola
non assicura la memoria. Infatti l’inganno
ha le sue tessere in altri venuti da lontano,
con il giorno che ha uno scalino
in meno della notte: il sonno del passato
esce su nuovi mattini, o ritrovati
dopo

IV
Eternità che fai del ciclo
il viaggiatore più sapiente, serenamente
seduto nel tempio di Atene.
——————–Finita
la poesia declamata non ci trattiene
che l’evento del vivere.
—————–La coscienza
del fallimento accompagna la nascita,
non c’è meraviglia che muti in angelo
il demonio, la peste è un’occasione,
vi sono altri eventi, altre distanze,
vi sono pronostici, boe marine, citazioni
che segnano stagioni in calendari.

V
Trecento anni dopo sono venuti a cercarmi.
Era il mio progetto, l’avventura, l’annuncio.
Avevo detto: il sogno è impossibile, non ci sarò.
Immaginate il tempo in cui sono nato.
O nascerò.

Le parole

I
Molte facce galleggiano
Molte bocche parlano.
Le voci salgono gradini di vento
per tornare al ciclo.

II
Tutti i fiumi hanno un nome.
I nomi percorrono le carte
con l’acqua dei fiumi.
I nomi dei fiumi sono eterni.
Durano più dei fiumi.

III
C’è sempre un’ultima parola
alla fine della vita.
lo non conosco la mia.
Ma quale che sia
è l’epitaffio di me
che non sono mai nato.

Costellazioni

*
Nel buio ali sottili
intrecciano spore.
Costellazioni sonore
Prolungano trame
di sopravvivenza.

*
Rompe il vento un lamento:
è la volpe.
——-Vivaldi
intessuto di archi
fa da commento.
Inverno: tempo immoto.
Continuo la ragione
del giorno dopo giorno.
Del momento passato
e del suo significato.

*
Mi ero sperduto.
I sentieri erano due.
Ritornai all’incrocio.
Passò la notte.
Dopo l’ho saputo.
L’altro sentiero non esiste.
C’è il vuoto.

*
Leggo sul vetro appannato
le parole di una poesia.
Rotte per navigazioni
in una casa dove si vive
solo di notte.

*
Mi aggancio all’orizzonte
con la matita di un ponte.
Navigando senza fine
sono giunto al confine.
Ma di qua o di là?
Il dubbio dell’eternità.

*
Navigo nel Mar dei Sargassi:
l’infinita piantagione non ha rive,
è estesa quanto la memoria.
Illusione di isole naviganti
che vanno verso dove
si perde il nome e la storia.

Viaggi di notte

I
Dalla città verso il mare.
——————-Il vicino s’affaccia
da un appartamento spoglio. La solitudine
lo scuote ad ogni arrivo, mi saluta e dice:
tra una settimana si ricordi
di bussare quando viene.
——————-Al mare le notti sono piene,
acque e terre non hanno profilo così che
mi oriento dentro sconnesse latitudini.
Si sente l’acqua filtrare tra gli scogli
e poi salire alla luna
e sempre mi coglie la sera,
al ritorno dai bagni in riviera,
coi fari che lambiscono il cielo
e le foglie. Una strada striscia
sul dorso del monte, di qua selva di là
brughiera; dall’alto si vede il mare
bianco, deserto, un mare non ancora abitato,
Appena arrivato bussa sempre  qualcuno:
se apro non c’è nessuno, se non rispondo
lui insiste, fin quando vedo
la ripetizione: una volta aspettavo
chi portava notizie. E un fantasma
che arriva puntuale a riempire le assenze:
appena uscito dall’acqua, col sale sulle
labbra, strofinato di sabbia.
——————–Ti ricordi
delle discussioni di notte, e le volte
che il mondo precipitò, e la guerra,
e rimase in piedi e noi con lui, ma distanti
che neppure una cartolina ci ha raggiunti.

II
Nello scompartimento del treno tra volti
e valigie il passato è un orizzonte
di figure, con la faccia in penombra
gli uomini allineati si sporgevano
da un treno di guerra.
—————–Un  tempo.
Vi è mai un’ora che sia l’ora di tutti?
——————————Per un giorno
rimasto nella memoria, cento anni si perdono
e quelli che si sporgono
moriranno con poche cose da dire.
Il passato mi corre ancora incontro perché il finire
si confonde con il sopravvivere, e in ogni stanza
dove accendo la luce sempre la distanza
si spegne in una pagina.
——————Giochi della memoria
sulla sporca tappezzeria sembrano un destino
compiuto intorno a un libro:
“a T  e al suo amore”, là dove dimoro
vi è la pagina piegata di un libro.
————————-Dimenticata.
Il tempo ha frugato più di quanto possa
chi ha piantato una sequoia nella memoria
di un giardino, a cui la gente passa intorno,
e sbircia non oltre l’inferriata
in rovina.
——-E le ore, quante
se ne ripetono ogni anno nella storia
di chi è partito, di chi ha posto
una  targa nel ricordo di un nome, di chi
non  sa nulla e si chiede: chi è questa
di nome T.?
———I viaggi, le soste, le stazioni
appena per mostrare una  carta d’identità,
ed è uno sfilare di volti, un’età.
———————-E fioriranno le rose,
e sarà per quest’autunno o per l’altra primavera?

III
————————–La sera
collassa coi monti, le stelle sorgono
da pietre, l’opera si chiude
con un addio.
———-Di là del giardino chi ha creduto
di vedere Ulisse tornare non sa più di occulte
tracce di rovine. Perduto il desiderio, l’amore
lascia dei segni nei vestiti, un vestito nuovo
per un  amore nuovo che finito si ripone.
Ancora addio.
———-L’ora d’oro
festosa di ali e voci si propone
con un  segnale ad aprire la giovinezza,
poi va a morire dietro la discesa di un monte.
In fondo alla strada c’è una cascina disabitata,
intorno viti, è terra per il vino.
Non si sceglie
il cammino segnato:
—————l’amore
non chiede d’essere nome, chiede
di morire coi pesci, coi frutti,
nel luogo dove tutti passano
e non lasciano gridi, come nel giardino
dove una voce era mia e l’altra tua,
e non erano che voci.

IV
—————Una poesia si apprezza
per lo stile, una vita è simile a una poesia,
non la si vive solo con la mente
ma anche con ciò che, riposto nel segreto,
rimane sepolto in una sola vita
Ci si muove con forme, o tumuli,
creduti segnali della storia,
——————-di uno che mi raggiunge
per strada e mormora, che fatica la salita.
Non  incontro gente che pure scese
a valle: quanto morire hanno dispensato
gli anni intorno a me.
—————–Quanto si è camminato,
e sempre ci incontriamo ogni volta più lenti
di memorie. Non si è belli di storie inventate,
di amori, di guerre.
—————All’incrocio
il distacco con un saluto. Di qua
si vede una strada e di là un’altra.
————-E finisce una poesia.

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