LEONETTI E IL REALE

LEONETTI E IL REALE

Francesco Leonetti vive la sua esperienza fra la generazione postresistenziale, che trova nell’impegno politico uno stimolo alla creazione “realista”, e quella sessantottesca per cui la politica diventa un fantasma creativo in se stesso. Leonetti, che si trova, prima, a far parte con Roversi e Pasolini del gruppo della rivista bolognese “Officina” alla fine degli anni ’50, e che quindi lavora con Vittorini al “Menabò”, scopre alla fine, al di là della letteratura e dell’ideologia stessa, il lavoro politico diretto. È la partecipazione alle lotte reali della “classe” (il proletariato) che conta, e lo scrittore ne sviluppa la dura poesia attraverso la sua poesia. Così Leonetti filtra la situazione del nostro tempo nei suoi periodi cruciali, dalla fase del capitalismo in ascesa, anni ’50-’60, alla contestazione: dalla letteratura portandosi verso il “reale”, ossia da un’attenzione iniziale allo specifico poetico visto attraverso l’ideologia passando alla totale disaffezione verso la letteratura, all’inclusione dell’individuo nel collettivo, alla didattica marxista. Sul piano delle strutture poetiche, Leonetti da un tardo naturalismo ancora eloquente e personale (La cantica, 1959) procede verso un monologo “sublime” fra sé e sé che, coltissimo e specialistico, diventa addirittura astratto nei versi sparsi in rivista, poi riscritti e raccolti in Percorso logico del 1960-75 (1976). Nel suo verso breve scatta la filosofia della contestazione, e tutto serve alla logica assolutizzante e alla densa pedagogizzazione.

Gilberto Finzi

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