POSTKARTEN DI EDOARDO SANGUINETI
Il Gruppo ’63, evidenziatosi al principio degli anni sessanta dentro l’area marxista, si è mosso nella direzione della rottura plateale con la norma linguistica e con le categorie letterarie, puntando sulla proposta di una “scrittura più impersonale e più estensiva” come scriveva Alfredo Giuliani nell’introduzione all’antologia dei Novissimi, Poesie per gli anni ’60. Eppure il Gruppo ’63, pur organizzandosi ed operando come movimento di avanguardia, almeno in parte ha coltivato a sua insaputa i modi e i vezzi di una tradizione evidentemente ineludibile, di una condizione storica ed esistenziale di quel postdecadentismo novecentesco segnato nel ripiegamento, nell’intimismo, nel narcisismo, nel cifrario personale e segreto. Solo che l’operazione letteraria è stata dirottata dal significato al significante, nell’illusione che ciò bastasse a rifondare nella sua verginità, attraverso la pratica poetica, un modo d’essere che ha ben più profondi e complicati collegamenti con la sua trascrizione in “dire”. I Novissimi hanno insomma tentato di riassorbire l’impulso “decadente”, inteso come diversità ed estraneità rispetto alla società e alla pratica letteraria, nella maggioranza dei casi riciclandone le componenti per fragmina intermixta, cioè spezzettando e mescolando. È il caso esemplare di Edoardo Sanguineti, il più raffinato e complesso tra gli esponenti del Gruppo ’63, e se ne può misurare la portata in una raccolta fondamentale come Postkarten (Feltrinelli), che presenta le poesie degli anni 1972-1977, riunite nella formula uniforme delle comunicazioni affastellate sulla facciata posteriore di altrettante cartoline postali. Postkarten vuole essere un modello di riferimento come trascrizione in poesia delle annotazioni rapide e disordinate, con tutto il carico di impressioni, riflessioni, considerazioni ideologiche, polemiche e indicazioni di poetica, tradotte in versi. Rispetto alla raccolta precedente Wirrwarr, c’è in Postkarten conferma e c’è sviluppo di circostanze e di modi nella poesia di Edoardo Sanguineti. C’è conferma prima di tutto di una condizione privilegiata della poesia come rassegna dal movimento, ma Wirrwarr è ancora un taccuino di viaggio, anche se risolto autonomamente nella successione delle immagini, nella serie rapidissima delle pose singole, organizzate con sapienza orchestrale. C’è sviluppo nel senso della periodizzazione del movimento, della scelta di pause discriminanti che ritmano le singole “tappe” del viaggio. Come del resto Sanguineti continuerà a fare in Segnalibro (che contiene, oltre a Postkarten, Stracciafoglio, Scartabello e Cataletto). Per usare una metafora, il poeta non sta più fermo sul marciapiede a vedersi sfrecciare dinanzi un treno che gli appariva prima in successione di frammenti consecutivi, ma si muove lungo il corridoio del treno in corsa, passando da scompartimento a scompartimento. La costruzione dei singoli componimenti ripete schemi fissi, organizzati concentricamente o, per meglio dire, sulla linea continua di una spirale che genera un’altra spirale: dalla periferia al centro e dal centro alla periferia, dentro il modello “rettangolare” della cartolina postale che poi si adegua ad altre forme geometriche, a rombo o a trapezio, in quel repertorio o “raccolta di raccolte” che è Il gatto lupesco. L’organizzazione linguistica è sempre quella a collage, tipica della poesia di Edoardo Sanguineti, con tendenza agli inserti e alle “bolle” parentetiche, ma con un uso minore dell’impasto rispetto a prove del passato. E c’è un recupero del tratto linguistico più tradizionalmente inteso, corretto solo da una sobria ed espertissima individuazione prosastica della scrittura poetica.